martedì 16 ottobre 2007

ControVento


Io resisto perché spero un giorno di riprendere a camminare, di alzarmi da questo letto con le mie gambe e di guardare il cielo...
Ambrogio Fogar.

Ambrogio Fogar è stato uno dei più grandi uomini italiani d'avventura del secolo scorso.
Navigatore, esploratore, paracadutista. Le spedizioni al limite dell'umana compresione erano per lui il pane quotidiano. Spinto da una forza di volonta quasi divina, riusciva da solo a compiere spedizioni che la maggiorparte delle persone non si sognerebbero nemmeno di provare.
E' stato al polo nord accompognato dal suo fido cane. Ha girato il mondo in solitario con la sua barca a vela, la Surprise. E' stato in moltissimi deserti di tutto il mondo per attraversarli e provare nuove esperienze. Lui, infatti, era innomarato della natura, ma in particolare aveva una venerazione per il mare. Il mare per lui era un fratello, un amico di cui ti puoi fidare. Per questo tutte le sue spedizioni le ha fatte da solo, senza il bisogno di aver accanto qualcuno che potesse fargli da compagnia. Il mare per lui già era abbastanza. Lo capiva, lo conosceva, lo sentiva suo.
In una spedizione intorno al mondo, la sua barca fu speronata da un'orca. In poco più di 6 minuti la barca era colata a picco. Il tempo di prendere qualche provvista e di buttare la scialuppa di salvataggio. Furono 74 giorni di naufragio in balia delle onde e del vento. Assieme a lui c'era un suo caro amico Mario. In quei giorni, scrive nel suo libro ControVento, oltre al fisico debilitato, era la mente quella che era di più in pericolo. Si può impazzire, andando in posti da cui non ci si può più ritornare. La speranza è l'unica arma contro questo pericolo. Dopo 74 giorni una nave li trovò e li issò a bordo. Lui riuscì a riprendersi , ma il suo amico, colpito da una forte polmonite, morì dopo 2 giorni.
Dopo tutte queste avventure senza un'attimo di respiro, nel 1992 un maledetto sasso, in un deserto, fece rovesciare la sua jeep. Spina dorse spezzata. Immobilizzato completamente. Nessuna possibilità di cura e di riprendersi.
Come dice lui, quando dalla vita hai preso troppo alla fine devi pagare un prezzo altissimo.
13 anni immobile su un letto di lattice. Lui, che del movimento aveva fatto una ragione di vita. Immobile.
Ambrogio nel suo libro, dice che sarebbe stato facile abbandonarsi alla dolce morte per evitare di soffrire e di combattere. C'è stato un periodo, all'inizio della suo stato, ammette Ambrogio, che ho "supplicato di portarmi in Olanda per avere la dolce morte e arrendermi al destino". Però grazie all'aiuto degli amici e della famiglia che, Fogar, è riuscito a superare questo periodo.
Ambrogio, nel suo libro, dice che per continuare a vivere nel suo stato ci vuole una gran fede e speranza.
Il grande Fogar, è un esempio per tutti noi, anche nei momenti difficili è riuscito a trovare un motivo per vivere. Non si è arreso mai, fino alla fine; quando nel 2005 è morto per un infarto cardiaco.
Ciao Ambrogio.

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